Se gli domandi come fa, quando a fine turno va a prenderli a scuola, a dimenticare il peso emotivo di una giornata trascorsa a fianco di altri bimbi in ospedale, sorride e cerca una risposta in un punto lontano.

“Non è semplice tirare una linea quando esci dall’ospedale, e dimenticare quello che hai vissuto durante la giornata, specialmente da quando sono diventato genitore”.

Ma c’è un ma:

“Questo meccanismo di immedesimazione, per me, è anche uno sprone a fare sempre meglio nel mio lavoro, nei confronti dei bambini di cui mi occupo. Cercando di farli felici anche nelle piccole cose, cercando di esaudire i loro piccoli desideri”, racconta.

La giornata di Leonardo, in reparto, si apre con la preparazione dei primi esami da fare ai bambini, e poi prosegue con una serie di attività, tra cui il controllo e il rifornimento del magazzino dei farmaci e dei presidi mancanti e il supporto ai colleghi che si occupano dell’assistenza.
Il pomeriggio invece ci sono le dimissioni, che sono sempre un momento un po’ magico in cui l’emozione delle famiglie si fa tangibile. È l’attimo dei bagagli pronti, quello in cui Leonardo e i suoi colleghi tolgono gli accessi venosi, aiutano le famiglie a capire come gestire il resto del percorso terapeutico a casa e li accompagnano verso “il dopo Meyer”:

“È buffo perché ai bambini, quando sanno che stanno per tornare a casa, brillano sempre gli occhi, indipendentemente dalla durata del loro ricovero. Ai genitori invece si legge in volto un lunghissimo sospiro di sollievo”, racconta.

Ogni famiglia porta con sé la sua storia, la fatica e l’impegno per affrontare la malattia, che certe volte è grave oppure comunque richiede ricoveri periodici e tanto tempo lontani da casa:

“Al Meyer, nel prenderci cura dei pazienti, viviamo la doppia sofferenza, dei bambini e delle loro famiglie”, spiega l’infermiere.

Il carico è forte, e per questo agli operatori del Meyer non sfugge quanto sia importante l’attenzione a tutti quei dettagli che possono alleggerire le giornate di chi vive un ricovero. La relazione con i bambini e i loro familiari è un altro pezzetto di cura e spesso continua anche quando loro sono tornati a casa, magari a mille chilometri di distanza:

“Per noi è sempre un piacere vedere arrivare una lettera o un disegno indirizzati al reparto. Oppure risentire la voce di quel bambino che è tornato per un controllo e viene a cercarti perché ti aveva preso in simpatia”.

Anche questo è Meyer: l’infermiere Leonardo che si mette in tasca, con un grande sorriso, un disegno firmato da un ex paziente e un grande ospedale che costruisce la cura anche a partire dai piccoli gesti.

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