Chi lo conosce, e lo incontra per caso nei corridoi dell’ospedale, sa che da lui c’è aspettarsi una vigorosa pacca sulla spalle come saluto. E sa anche che subito dopo, insieme, arriveranno un sorriso generoso e una battuta. Perché questo pediatra – Massimo Resti, che dagli anni ottanta è nella storia del Meyer –  dopo migliaia di bambini curati ha ben chiaro quanto conti l’allegria.

“Ho cominciato a lavorare al Meyer come pediatra nel 1987, e prima ancora come specializzando – ripercorre – Lo studio del fegato e quello delle malattie batteriche invasive sono state due delle mie passioni”. Il dottor Resti enumera piccole, grandi, soddisfazioni e parla sempre al plurale. Cita i maestri e ricorda i colleghi e le colleghe con i quali ha condiviso pagine importanti della pediatria italiana come “quella volta che con la professoressa Azzari abbiamo capito che i batteri sono riconoscibili dal Dna”, o come “la soddisfazione di vedere prima l’inizio e poi la fine di una malattia come l’epatite C, partecipando alla messa a punto del vaccino”.

L’elenco è lunghissimo e Massimo lo racconta con entusiasmo sincero e niente vanità. Ha visto crescere il Meyer, lo ha visto trasferire dalla vecchia sede a quella attuale. Oggi è direttore del Dipartimento specialistico interdisciplinare: questo vuol dire che divide la sua giornata tra la vita “in corsia” e l’organizzazione del lavoro di una macchina tanto complessa.
In ogni aneddoto che racconta, si legge in filigrana l’ammirazione autentica che questo dottore ha per l’infanzia. E infatti si gusta anche il mestiere di nonno: racconta favole alle nipotine fino a notte fonda, la mattina presto scende nell’orto e sul tramonto ci ritorna. Ha insegnato alla nipote grande a intrecciare cipolle e sorride intenerito raccontando di quella piccola che – a fine estate, quando le ferie finiscono e lui torna a fare il dottore dei bambini – lo aspetta trepidante alla finestra.

Non manca troppo alla pensione, ma il dottor Resti è sereno:

“Il mio desiderio è che i miei “ragazzi” siano più bravi di me e sono molto orgoglioso di loro perché lo stanno diventando. Andranno avanti benissimo”.

Ne è certo, Massimo,  anche se ha anche ben chiare le molte scommesse che la pediatria ha davanti a sé:

“Osserviamo ad esempio che riaffiorano malattie antiche. L’aumento del benessere ha spianato la strada a carenze nutrizionali, perché i bambini mangiano male e così ecco che ad esempio, di nuovo vediamo piccoli pazienti con lo “scorbuto”, patologia legata a insufficienza grave di vitamina C”.

Non solo:

“Purtroppo si registra un’esplosione di malattie psichiatriche, che è una delle prime sfide che dobbiamo prepararci ad affrontare”.

Ha una saggezza, questo dottore, che incanta. Sa, e sa spiegare molto bene, il valore dei silenzi dei bambini. L’esperienza lo ha reso custode di questo e di altri “segreti” dei piccoli:

“Mentre li visito, certe volte zittisco le mamme, i babbi, i nonni: ‘fate parlare lui!’ dico”.

Allora i bambini prima sgranano gli occhi, poi cominciano ad aprirsi con questo dottore dai capelli buffi. E il dottor Resti, in queste sessioni, ogni tanto si fa scappare pure qualche parolaccia, perché anche di queste ha intuito le virtù:

“I bambini hanno bisogno anche di questa ‘pseudo trasgressione’ per fidarsi di un medico. Purtroppo, presi dalla fretta del nostro tempo, da adulti ci dimentichiamo di creare spazi insieme a loro e questa è una delle cause del disagio psicologico dilagante. Io lo ho imparato nel tempo: per questo insisto molto anche con i giovani pediatri, perché con pazienza e rispetto si mettano sempre in ascolto dei piccoli pazienti e delle loro famiglie, immedesimandosi a fondo nelle loro ansie e nelle loro angosce”.

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