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Joel, un passo alla volta finalmente in piedi. Il piccolo è arrivato dall’isola devastata dal terremoto qualche anno fa con gravissime malformazioni che gli impedivano anche di stare seduto. Grazie a un importante lavoro di équipe coordinato dai medici del Meyer oggi arriva il lieto fine e Joel può camminare, giocare e iniziare una vita nuova a FirenzeJoel è arrivato dal quasi-sud del mondo al Meyer qualche anno fa. Il 27 ottobre 2013, per la precisione. La sua casa fino a quel momento era stata Haiti, la stessa isola frustata dal terremoto. Poi un giorno il destino ha portato sul suo cammino Maurizio e da lì si sono scritte pagine nuove.
Joel, affetto da gravissime malformazioni genetiche, fino a quel momento viveva con la mamma e sette fratelli in una capanna di fango, nel villaggio di Gros Vaud, nell’estremo sud est del paese. Una sola stanza, paglia in terra e niente luce, niente acqua, niente servizi igienici. Da lui Maurizio Boganelli, coordinatore della missione della Onlus “Una scuola per Haiti”, era arrivato per provare a curare una grave forma polmonare. È stato in quel preciso istante che la vita di Joel ha preso un’altra direzione. Prestate le prime cure per quella infezione e constatata la gravità della globa-le condizione di vita del piccolo, i volontari hanno deciso di organizzare un trasferimento temporaneo in Italia per fare in modo che il piccolo potesse essere curato e sperare in una vita dignitosa.
La situazione medica era complessa: Joel è affetto da spina bifida occulta e da alcune patologie ulteriori che lo obbligavano a una posizione dolorosa e gli rendevano impossibile qualsiasi forma di autonomia.
Arrivato a Firenze è stato portato al Meyer e al suo fianco ha iniziato a lavorare un’equipe medica fatta di tante anime: dai medici della Neurochirurgia, da quelli della Nefrologia e dell’Urologia e dal bravissimo chirurgo Marco Innocenti del Cto che ha condotto tutti gli interventi chirurgici cui Joel è stato sottoposto al Meyer insieme alla sua collaboratrice dottoressa Carla Baldrighi, e coadiuvato dall’ortopedico del CTO Giovanni Beltrami.
L’obiettivo era quello di distendere e separare le sue gambe, per fare in modo che Joel potesse assumere una posizione meno dolorosa. Stare seduto, poter stare sulla sedia a rotelle e imparare a usarla per muoversi, riposare sdraiato senza dolore e senza lo strazio delle piaghe da decubito.
Joel è stato sottoposto ad un primo intervento alla gamba destra a gennaio dell’anno scorso, e poi ad un secondo sulla sinistra qualche mese dopo:
“Si è trattato di un caso davvero molto complesso - spiega Flavio Giordano, uno dei dottori della Neurochirurgia del Meyer che insieme al dottor Lorenzo Genitori ha seguito Joel - Joel ha una malformazione rara, eccezionale e per questo è stato fondamentale intervenire con un approccio multidisciplinare coordinato dal Meyer”.
I dottori del pediatrico hanno coordinato le cure del piccolo, oltre ad averlo preso in carico per un bilancio radiologico completo delle sue malformazioni del midollo spinale e della colonna vertebrale.
E adesso? Maurizio, che per questo bambino è un po’ un “babbo italiano”, racconta:
“Dopo un lunghissimo periodo con la carrozzina, adesso, grazie all’aiuto di un nuovo tutore, Joel ha imparato a camminare. Lentamente e faticosamente, con l’aiuto delle stampelle, ma ce l’ha fatta. È riuscito pian piano a governare il senso dell’equilibrio, ha imparato a vedersi in piedi ed ha appreso il concetto di ‘un passo alla volta’ che fino ad oggi non aveva potuto conoscere”.
Accanto al percorso sanitario, da subito si sono tutti adoperati perché Joel potesse essere inserito in una rete sociale. E così ha cominciato a frequentare una classe di asilo, a Firenze, dove ha imparato un po’ di italiano e soprattutto ha potuto iniziare a fare una cosa importantissima che fino a quel momento gli era stata preclusa: giocare.
Ora c’è da scrivere la pagina del domani:
“Il futuro di Joel, dopo lunghe riflessioni, è a Firenze – racconta Maurizio – Ho avviato le pratiche per procedere ad un’adozione per motivi di salute e se i giudici le accoglieranno Joel continuerà qua il suo cammino, per garantirgli quel prosieguo di attenzioni che, anche nel migliore dei casi, non potrebbe avere nel suo paese”.
Intanto, pochi giorni fa, per lui è suonata la prima campanella delle elementari e quel suono ha avuto il sapore della conquista.
“Joel ha una malformazione rara, eccezionale e per questo è stato fondamentale intervenire con un approccio multidisciplinare coordinato dal Meyer”.
Al suo fianco un’équipe disciplinare coordinata dal Meyer
La storia del piccolo Joel è l’emblema di come il lavoro di squadra e le équipe multidisciplinari siano preziosi per la salute dei piccoli. Il bambino di Haiti infatti, affetto da gravissime malformazioni congenite del sistema nervoso centrale come la siringomielia e la spina bifida occulta causa di gravi disturbi vescicali, e degli arti inferiori, la cosiddetta “sirenomelia”, ha avuto bisogno delle cure di un vero e proprio team.
Al suo fianco ci sono stati i medici della Neurochirurgia del Meyer - il direttore dottor Lorenzo Genitori e il dottor Flavio Giordano - che ha preso in carico il piccolo paziente nella sua complessità, completando la diagnosi delle sue malformazioni, e agendo in sinergia con il chirurgo che lo ha operato, Marco Innocenti, direttore della Chirurgia plastica ricostruttiva e Microchirurgia di Careggi, in collaborazione con la dottoressa Carla Baldrighi.
Non solo: nel corso del bilancio sono stati coinvolti la Nefrologia e l’Urologia del Meyer, perché le condizioni del piccolo Joel richiedevano un’attenta valutazione e monitoraggio della funzionalità renale e vescicale.
L’estrema fragilità del bambino, inoltre, e una carenza proteica dovuta alla malnutrizione pregressa, hanno fatto sì che il piccolo abbia avuto bisogno di oltre dieci cicli di camera iperbarica e di un’ulteriore operazione di innesto di tessuto che ha implicato una lunghissima convalescenza in Pediatria, terminata con la completa cicatrizzazione della ferita chirurgica.
Chiude questo vigoroso cerchio di cure al Meyer il sostegno del Centro di Salute Globale, che si è interessato al caso per gli aspetti di cooperazione sanitaria internazionale.