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La scoperta che rivoluziona la diagnosi della Sindrome Nefrosica

La scoperta che rivoluziona la diagnosi della Sindrome Nefrosica

14 Aprile 2015

Veloce, poco costosa ed affidabile, è una di quelle scoperte ‘copernicane’, destinata a rivoluzionare la diagnosi della sindrome nefrosica, patologia renale relativamente frequente dei bambini (circa 800 casi all’anno in Italia).

A mettere a punto questa metodica diagnostica è stato lo staff tutto al femminile della Genetica e della Nefrologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Meyer. A firmare la scoperta come “corresponding authors” sono Sabrina Giglio, Professore Associato di Genetica medica dell’Università di Firenze e responsabile della Genetica del Meyer e Paola Romagnani, Professore Associato di Nefrologia pediatrica dell’Università di Firenze e responsabile della Nefrologia del Meyer, insieme alle genetiste Aldesia Provenzano, Laura Giunti e Benedetta Mazzinghi.

Loro la firma anche su un articolo sul prestigioso JASN (Journal of the American Society of Nephrology): “Grazie a questo studio il clinico sa sin da subito quali pazienti risponderanno alla terapia in uso per questa sindrome e quali no. In questo modo può evitare di somministrare farmaci dai pesanti effetti collaterali, quali sono i cortisonici e gli immunosoppressori, ai pazienti che ne sarebbero resistenti, spiega la professoressa Romagnani.

Ma come si è arrivati a questa scoperta solo apparentemente semplice? “I pazienti affetti da sindrome nefrosica che non rispondono alla terapia steroide - spiega la genetista, prof. Giglio - presentano alterazioni genetiche a carico di cellule ondamentali per il mantenimento dell’integrità delle funzioni renali, i podociti. Viceversa quelli che rispondono alle terapie non hanno alterazioni genetiche.

Ebbene ora grazie a questa precoce indagine genetica è possibile individuarli immediatamente. Prima ci si affidava alla invasiva e costosa biopsia renale. Prezioso è anche il risparmio di tempo: si evitano esami che possono richiedere anche 4-5 settimane.

Con un solo test il clinico può impostare una terapia davvero personalizzata”. Lo studio è stato possibile grazie al supporto dell’Associazione AMaRTI, Associazione Malattie Renali.