Sonia ha deciso che da grande avrebbe fatto l’infermiera quando aveva quattro anni.

Non un dubbio, avanti tutta e allora eccola qua, al Meyer, oggi nel ruolo di “coordinatrice degli ambulatori specialistici B”.

Il suo è un mestiere fatto di ascolto:

“Le mie giornate iniziano con il giro degli ambulatori, dialogando con i colleghi, ascoltandone le necessità, ma anche gli sfoghi: condividendo quello che captiamo giornalmente possiamo fare sempre meglio. Cerco sempre di recepire il bello e il brutto, per capire cosa possiamo migliorare nell’organizzazione e cosa invece funziona bene”, racconta.

Un tempo la avremmo chiamata caposala: quella di Sonia è una figura molto importante in una realtà ospedaliera come il nostro Meyer, dove i tanti ingranaggi si muovono nella stessa direzione e con lo stesso scopo. E dunque al servizio dei bambini e di chi si occupa di loro:

“Una parte importante del mio lavoro è quella a fianco delle famiglie: il confronto con loro e l’ascolto. L’assistenza non è solo clinica, ma è fatta anche di empatia: spesso i genitori hanno bisogno di un consiglio, di una parola, di essere tranquillizzati, oppure consolati”.

 

Le giornate di Sonia e dei suoi colleghi sono dedicate proprio a garantire alle famiglie la migliore presa in carico possibile:

“Periodicamente ci riuniamo in gruppi per condividere aspetti organizzativi per rendere più semplici e meno traumatici i percorsi dei piccoli pazienti che afferiscono agli ambulatori”.

 

Quello di Sonia, e di chi come lei si occupa dell’organizzazione, è un prezioso lavoro “dietro le quinte” che ogni giorno contribuisce a rendere il Meyer il grande ospedale che è.

È una cosa che si fa insieme, con passione:

“Io mi sento parte di una squadra, avverto tantissimo spirito di appartenenza e cerco sempre di dare il massimo al “mio” Meyer, un po’ come si fa con un figlio”.

 

Ed è così che, a fine giornata, Sonia torna a casa con una gioia speciale, anche quando il carico emotivo è tanto:

“Il riconoscimento più bello arriva sempre dai bambini, e dai loro genitori, che anche dopo tanti anni, e anche quando le situazioni sono difficili, ti scrivono e trasmettono il loro ricordo affettuoso”. 

 

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