La dottoressa Chiara Grimaldi è una chirurga ed è entrata a far parte della grande squadra del Meyer da qualche mese.
Era primavera quando ha varcato per la prima volta l’ingresso del nostro ospedale:

“Sono entrata ‘in punta di piedi’, cercando di inserirmi nel nuovo ambiente con delicatezza”, racconta.

Al Meyer dirige l’Unità di Chirurgia epatobiliare e oncologica e questo significa che, quotidianamente, si occupa del percorso e del trattamento dei pazienti con malattie oncologiche ed epatobiliari: tumori, malformazioni, traumi, infezioni e ostruzioni. Un universo delicatissimo.
La sua mattina comincia presto, con  una riunione di team durante la quale si analizzano le cartelle dei piccoli pazienti ricoverati. Alcune giornate sono dedicate alla sala operatoria, altre all’attività ambulatoriale che viene prima e dopo un intervento chirurgico.

Cosa le piace di più del suo lavoro? Sorride, a lei sembra quasi scontato:

“Mi piace la progettazione degli interventi, la discussione dei casi clinici con i colleghi, lavorare sugli aspetti tecnici delle operazioni più complesse prima di arrivare in sala”. Si capisce: a monte di questo c’è la consapevolezza della propria missione al servizio dei piccoli e all’orizzonte il volto di un bambino che sente meno male e che riprende la sua vita “di prima”.

Non ama ostentarlo, ma la dottoressa Grimaldi ha un curriculum di spessore: la sua attività clinica e chirurgica e la sua produzione scientifica si sono concentrate, in particolare, sulla chirurgia delle malformazioni delle vie biliari, la resezione e il trapianto del fegato.
Si è occupata anche della gestione multidisciplinare dei piccoli pazienti con patologie oncologiche. È membro di società scientifiche internazionali ed è autrice di numerose pubblicazioni scientifiche di respiro europeo.
Tolto il camice però, ama fare trekking e leggere. Ride mentre lo racconta:

“Mi piacciono i libri lunghi, forse sono un po’ noiosa, ‘I Fratelli Karamazov’ me li sono portati di città in città”.
Ma com’è fare il chirurgo dei bambini? “Per me è naturale, loro non hanno filtri e se non hanno dolore giocano, divertono, disegnano: riescono ad essere bambini. È più complesso l’approccio agli adolescenti: con loro occorre trovare una chiave di comunicazione”.

Già. Dialogare, spiegare, ascoltare: comunicare messaggi che hanno a che fare con la salute è una parte importante del mestiere del medico. Questo non sfugge alla dottoressa Grimaldi:

“Trovo una grande consapevolezza nei genitori, e costruire quel patto di fiducia che è poi un’alleanza terapeutica è fondamentale”.

Il legame umano con i familiari è un rapporto a sé e i dottori dei bambini sono i custodi di relazioni uniche. La nostra chirurga ne parla con grandissima discrezione come per difenderle, tanto sono speciali:

“Succede di rimanere in contatto con i genitori, anche nelle situazioni più difficili, anche dopo anni da quando ci siamo occupati dei loro bambini. Quando accade, accolgo ogni volta con piacere i loro pensieri, una telefonata che arriva dopo tanto, la lettera di una mamma. Ma cerco sempre di rispettare i loro tempi, convinta che abbiano diritto, se vogliono, a dimenticarsi di noi”.

Ed è anche in piccole, grandi, accortezze come questa che si incontra un po’di Meyer.

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