A quell’intervento è arrivato dopo mesi e mesi di preparazione e simulazioni. Ore e ore in sala operatoria, prendendo tempi e misure, per arrivare massimamente pronto al grande giorno. Non solo. Immaginiamocelo anche così: nel suo garage, chino su una patata, oppure sulla creta, o addirittura su un ceppo di legno, intento a modellare parti anatomiche con attrezzi da scultore. Lo fa davvero: nel tempo libero, il dottor Facchini affina nella sua personalissima “officina” le tecniche di chirurgia ricostruttiva che per anni ha studiato a Parigi e che oggi, al Meyer, mette in pratica quotidiana con un obiettivo ben preciso:

Per me l’imperativo, che sento come un obbligo morale, è garantire ai bambini che seguo la migliore visione possibile di loro stessi: le malformazioni, e quindi la compromissione dei canoni estetici, hanno infatti un impatto molto forte sulla vita emotiva e relazionale dei piccoli”.

Ecco che allora l’operato di questo dottore mite e gentile diventa più prezioso che mai: la chirurgia plastica e ricostruttiva, nel bambino, è opportunità di rimessa in gioco, di ripartenza e pacificazione.

Ogni giorno, durante le ore di ambulatorio, vedo anche quaranta bambini” racconta.

Hanno le storie cliniche più diverse: in alcuni casi hanno malformazioni congenite, in altri casi problematiche sopraggiunte dopo altre malattie come quelle oncologiche. Ecco perché il dottor Facchini lavora sempre insieme a specialisti diversi. E la sua vita professionale trasversale lo entusiasma e lo arricchisce:

La mia settimana è sempre molto varia, ho la fortuna di lavorare con specialisti diversi: otorini, oculisti, urologi, neurochirurghi”.

Poi ci sono gli ingegneri, quelli di T3ddy, il laboratorio congiunto con l’Università di Firenze, sostenuto dalla Fondazione Meyer. È grazie a questa sinergia se le modernissime tecniche 3D hanno trovato applicazioni nella vita quotidiana di bambini come Lapo:

Gli ingegneri hanno la capacità di tirare fuori l’artista dal chirurgo che è in me”, racconta sorridendo.

Il dottor Facchini è persona di compostezza e umiltà rara, e la sua altissima professionalità si accompagna a questo volto capace di accogliere con empatia i bambini e le loro insicurezze. Il Meyer ha creduto in lui e la Fondazione lo ha sostenuto nel periodo di formazione all’estero. È stata proprio la sua maestra parigina a insegnargli a scolpire, sempre e dovunque:

Mi diceva: scolpisci Flavio! Scolpisci sempre, allena la tua visione tridimensionale”.

Questa visione oggi, al Meyer, ha messo le ali con il supporto delle tecniche 3D.Il risultato? Oggi i bambini arrivano da tutta Italia per farsi operare al Meyer. Questo è stato possibile anche grazie al supporto delle donazioni alla Fondazione Meyer.

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