Accoglienza, al Meyer, vuol dire presa in carico di tutta la famiglia: accompagnarla nel percorso di cura, aiutarla a districarsi nei grovigli burocratici, provare a dare risposta e ai suoi bisogni.

Quando la mattina Laura arriva a lavoro – in un ufficio che non ha orari perché non esiste un’ora giusta per accogliere – sa che molto probabilmente oggi dovrà aiutare una famiglia a trovare una casa. Contatterà le associazioni con le quali il Meyer ha intessuto una rete di ospitalità, per cercare di sistemarla in uno degli appartamenti o delle case di accoglienza gestite da questa rete fatta grande dalle donazioni.

Al Meyer, infatti, una famiglia su 4 arriva da fuori regione: per loro, ai problemi di salute si aggiunge una serie di disagi pratici non da poco.

Non sempre è possibile dare una risposta immediata a questo tipo di richieste, ma sapere che qualcuno ha preso in carico la domanda è già un sollievo per chi, in quel momento, ha bisogno di concentrarsi su altri pensieri, racconta Laura.

Accogliere, nella giornata di Laura, vuol dire anche aiutare le famiglie con la burocrazia: il Servizio sociale del Meyer, ad esempio, presta supporto ai genitori nella gestione delle procedure del riconoscimento dell’invalidità civile e handicap dei figli.

Ma oltre ai fogli, alle firme e ai timbri, serve anche tanto dialogo: con i vari reparti, con i servizi del territorio ai quali i bambini vanno affidati una volta dimessi. E con i volontari: è proprio lei ad attivarli ogni volta che occorre il loro sostegno per assistere i bambini.

Questo fa, Laura: si confronta.
Lavora con forza e con tanti interlocutori diversi per aiutare i bambini (e i loro fratellini, le mamme, i papà, i nonni e tutti quanti) a provare a scivolare di nuovo dentro la loro vita “di prima”.

La bellezza del mio lavoro è che mi mette in posizione di ascolto: con le persone che assisto si crea un contatto sulle cose vere e sostanziali, un contatto profondo. Lavorando al Meyer mi sono resa conto che certe volte il silenzio di chi tace e ascolta è l’aiuto più concreto.

Al Meyer, ogni giorno, tante persone come Laura lavorano, senza fare rumore, a fianco dei bambini e delle loro famiglie. Li curano e li coccolano e certe volte salgono persino su un’ambulanza per non lasciarli soli nel viaggio di ritorno a casa.

 

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