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Prima dell’inizio della pandemia, i medici del Meyer avevano diagnosticato a questa bambina un voluminoso tumore a un rene. Durante i cicli di cura hanno poi scoperto che la piccola, 11 mesi, era positiva al Coronavirus. Questo non ha fermato il professor Masieri e il suo team: sapevano che per garantire la migliore riuscita dell’intervento il fattore tempo era essenziale. Non si poteva aspettare, anche se questo avrebbe comportato prendersi dei rischi. E così, seguendo tutte le procedure previste dal percorso Covid, sono entrati in sala e hanno condotto questo complesso intervento di chirurgia addominale. C’era emozione quel giorno in sala? Ci pensa un po’ il nostro dottore:
“Non avevo ansie particolari: non per me. La preoccupazione era quella di riuscire ad asportare al meglio quella massa, conducendo l’intervento nel miglior modo possibile. Ogni paura in più è scomparsa appena ci siamo ritrovati tutti in sala, concentrati sulla piccola, consapevoli che grazie alla professionalità del nostro team avremmo potuto dare il massimo”.
Così è stato: oggi la piccola sta bene e potrà continuare il suo percorso per monitorare l’andamento della malattia. Mentre racconta il professor Masieri sorride con gli occhi. Ha un’idea molto precisa del suo mestiere:
“Il nostro lavoro è parte della vita, per me l’ospedale è un luogo dove i colleghi sono anche amici. Credo che succeda anche perché la sala operatoria è un posto speciale, dove emergono tante emozioni: il risultato è che chi si conosce in sala, si conosce davvero”.
Il dottor Lorenzo a casa ha 3 bambini e una moglie dottoressa anche lei. Abitano in campagna e la passeggiata della sera, tutti insieme, in quel sentiero che sa lui, è uno dei piccoli “lussi” che ogni tanto riesce a concedersi. Vale più di un hobby, a questo punto delle cose. Ci ride sopra:
“Avevo diversi passatempi, adesso no: lavoro molto e il tempo che resta è della famiglia”.
Ha ragione: alle sette e venti la mattina è in ospedale. Ci resta tutto il giorno, e a questo tempo dedicato alla cura si aggiunge quello dell’insegnamento, nel suo ruolo di professore associato di Urologia dell’Università di Firenze. Da qualche anno poi è stato coinvolto in un grande progetto:
“Il Meyer mi ha chiamato a far parte di un Centro interaziendale costituito da un accordo tra Meyer, Università di Firenze e Careggi, nato per mettere le competenze urologiche e le tecnologie a disposizione di questa rete”.
La buona riuscita dell’intervento sulla piccola affetta da Covid è uno dei risultati di questo progetto. Un salto nel futuro in cui il Meyer ha creduto e del quale questo giovane professore parla con entusiasmo e riconoscenza, ben consapevole della sua missione: essere al servizio dei bambini, sempre pronti a mettersi in moto quando si tratta di aiutarli a stare meglio.